Descrizione
La notte del venticinque aprile del 2020 il nostro paese era ancorain pieno lockdown, il numero dei contagi era ancora alto, le uscite erano contingentate, l’incertezza regnava sovrana. In quella notte, tuttavia, qualcuno decise di fregarsene. Le immagini dei camion dell’esercito italiano carichi di bare che “sfi lavano” sulle vie di Bergamo erano ancora nitide nella mente di ognuno di noi eppure, in qualcun altro invece, era ancora più forte il desiderio di uscire e violare le prescrizioni del governo. In quella notte, “ignoti” – si dice così – decisero che a essere “violate” non dovevano essere soltanto le prescrizioni governative ma anche le porte della Fondazione “Italo Falcomatà”. La scena che si presentò davanti ai miei occhi la mattina dell’anniversario dalla liberazione dal regime fascista fu quella della distruzione. E non mi riferisco soltanto alla quantità di documenti, fotografi e, targhe, premi e opere d’arte vandalizzate e date alle fi amme bensì ad altro tipo di distruzione. Quella della memoria. La memoria di un patrimonio collettivo fatto di umanità, cultura, speranza. Ed è proprio un sentimento di speranza ciò che più di tutto emerge dalla lettura delle centinaia di lettere che i reggini hanno scritto al loro sindaco anzi, al professore, negli anni del suo mandato come primo cittadino di Reggio Calabria. Proprio per questo motivo, nei mesi successivi a quella “interruzione”, abbiamo lavorato sodo per mettere in sicurezza quel patrimonio scampato miracolosamente alla violenza dell’ignoranza e, settimana dopo settimana, leggendo quella corrispondenza “intima” tra il sindaco ed il suo popolo, è stata concepita l’idea di questo libro.